Questo articolo si pone l’obiettivo di dare qualche consiglio pratico ai genitori su come aiutare i loro figli a sviluppare, in modo naturale e armonico, le loro competenze verbali. I suggerimenti nascono dalla pluriennale esperienza dei membri della nostra equipe, e sono il frutto di anni d’esperienza in valutazioni e trattamenti logopedici.

Queste proposte sono valide per tutti i bambini piccoli, da un’età più o meno di 15 mesi in poi; ma sono utili ad accelerare i progressi di un bambino nel caso in cui ci sia un ritardo di linguaggio, oppure riducono le problematiche che si manifestano invece in un disturbo del linguaggio, molto più complesso, dovuto ad un danno neurobiologico di una o più aree cerebrali deputate al linguaggio, che ha ripercussioni sulla vita sociale e relazionale del bambino e con ricadute significative sugli apprendimenti scolastici futuri. E purtroppo negli ultimi anni vi è un incremento importante di questi disturbi.

Capire se ci si trova di fronte ad un ritardo piuttosto che ad un disturbo non sempre è semplice, quindi, solo il tempo ci fa capire a che tipo di difficoltà siamo di fronte. Se la difficoltà di linguaggio viene recuperata sia in autonomia, che con un intervento specialistico, abbreviando quindi i tempi, si è di fronte ad un ritardo; il bambino quindi, nel giro di poco tempo, si mette alla pari dei coetanei. Se al contrario, nonostante i progressi, mantiene una diversità in termini di numero di parole per esempio, piuttosto che di tipologia di frasi o difficoltà di comprensione di un messaggio verbale, ci si trova di fronte ad un disturbo specifico di linguaggio.

Non tutti i bambini seguono le tappe canoniche di sviluppo del linguaggio (c’è sempre un gap di circa 6 mesi): è importante comunque verificare sempre se c’è comprensione soprattutto non contestuale (se dico “vieni che è pronta la pappa” e c’è la tavola apparecchiata ed il profumo delle lasagne la comprensione è contestualizzata, diversamente se dico “vai a prendere i calzini rossi che sono nel primo cassetto in camera tua” e lui compie l’azione significa che c’è comprensione verbale). E’ fondamentale verificare anche se c’è intenzionalità comunicativa. Ci sono bambini che non hanno linguaggio ma sono molto comunicativi, e che inducono quindi nell’adulto uno scambio verbale.

D’altro canto ci sono bambini che acquisiscono lentamente i termini, ma che non hanno neanche l’intenzionalità comunicativa quindi per i genitori è fondamentale fare molta attenzione a tutto ciò che precede il linguaggio verbale.

Alcune funzioni o intenzioni comunicative importanti emergono ancor prima che il bambino le sappia esprimere verbalmente, e rappresentano la sua intenzionalità comunicativa: come ad esempio l’indicare, il piccolo è in grado di richiamare l’attenzione dell’interlocutore; dirigere l’attenzione dell’interlocutore su un focus; riconoscere il proprio nome; esprime emozioni sottolinendo il disagio (ahi!) e la sorpresa (oh!).

il pointing, quindi il gesto dell’indicare, è un marcatore significativo dell’intenzionalità comunicativa del bambino che compare tra i 9 e i 12 mesi; ha due funzioni: una funzione propositiva, per richiedere alla madre o per mostrare; o responsiva , per rispondere alle domande a lui poste.

A seguire abbiamo i vocalizzi, i sorrisi, la mimica facciale.

L’intenzionalità comunicativa di un bambino è predittiva dello sviluppo del linguaggio futuro. Quindi maggiore è l’intenzionalità comunicativa del bambino migliore sarà lo sviluppo del suo linguaggio futuro.

Ci sono bambini che con l’utilizzo esclusivo della prosodia, della mimica e del gesto comunicano il loro pensiero agli adulti. E più un bambino effettivamente mette in atto queste modalità e più induce nell’adulto uno scambio comunicativo, che da parte di quest’ultimo è più di tipo verbale e si mette nella condizione di dialogare con il piccolo.

Il compito del genitore è quello di considerare tutte queste forme come linguaggio e tradurle in verbale, dando così rilievo a tutti gli atti comunicativi e all’intenzionalità comunicativa tra bambino e adulto, che si verificano molto prima dell’acquisizione del linguaggio verbale. I genitori spesso si aspettano dal bambino la produzione di parole e danno poca importanza alle vocalizzazioni, ai gesti, al pointing, che rappresentano invece un messaggio con un intento comunicativo ben preciso. La cosa importante è dare dei modelli verbali che traducono queste forme di comunicazione, utili e finalizzati allo sviluppo del linguaggio verbale, perché nessun bambino impara a parlare da solo!