In Italia secondo le stime del Rapporto CENSIS si contano circa 1 milione tra colf, badanti e baby sitter irregolari, senza contratto, ovvero circa il 40% del totale impiegato nelle nostre case.Per cui il paradosso è che, di fatto, è raro trovare una badante, od una colf, regolarmente assunta. Tuttavia, chi assume una domestica in nero corre più di un rischio, al quale cercheremo ora di dare anche un valore monetario.

Analizziamo le sanzioni amministrative e penali

Chi assume una collaboratrice domestica è, a tutti gli effetti, un datore di lavoro, anche se si tratta di una famiglia. Chi non comunica l’assunzione della badante, o della colf, al Centro per l’Impiego rischia una sanzione amministrativa particolarmente salata (da 200 a 500 euro).

A questa sanzione si aggiungono poi quelle per:

  • mancata iscrizione del lavoratore all’Inps, con relativa sanzione che va da 1.500 euro a 12.000 euro per ciascun lavoratore “in nero”, maggiorata di 150 euro per ciascuna giornata di lavoro effettivo;
  • omesso versamento dei contributi: qui le sanzioni possono arrivare al 30% su base annua. Il calcolo viene fatto sull’importo dei contributi evasi, con un massimo del 60% e un minimo di 3.000 euro, a prescindere dalla durata del rapporto di lavoro (quindi, anche se la collaborazione è durata qualche mese).

Nel caso poi di badante extracomunitaria e senza permesso di soggiorno, si passa dalle sanzioni amministrative a quelle penali: multa fino a 5.000 euro e reclusione da 6 mesi a 3 anni .

Azione legale della badante contro la famiglia

Un rischio, per altro per nulla remoto, che si corre nel non «denunciare» la badante è che quest’ultima possa decidere di fare causa al proprio datore di lavoro, richiedendo differenze retributive e il pagamento dei contributi.

Anche perché chi paga la badante in nero lo fa ricorrendo ai contanti, proprio per evitare il rischio di accertamenti (sia per l’una che per l’altra parte) e per non lasciare tracce. Ma è proprio questo comportamento che “incastra” il datore di lavoro. Un giorno, infatti, qualora la badante dovesse sostenere di non essere mai stata pagata, non ci saranno prove per dimostrare il contrario: prove come quietanze e ricevute di pagamenti, bonifici, assegni o altri pagamenti tracciabili. In pratica, il datore di lavoro – dinanzi l’inoppugnabile prova che la collaboratrice ha prestato servizio per qualche mese o per anni (prova raggiunta facilmente anche solo con qualche testimone) – non avrà possibilità di dimostrare di averla mai pagata. E sarà così costretto a pagarle gli arretrati degli ultimi cinque anni (a tanto ammonta la prescrizione dei crediti di lavoro dipendente). Oltre, ovviamente, ai contributi.

SE INVECE SI RICORRE AD UN SERVIZIO BADANTE

In questo caso sarà la nostra Cooperativa che metterà a disposizione un proprio collaboratore, e la famiglia avrà a disposizione le prestazioni lavorative della nostra badante che si occuperà di tutte le mansioni del lavoro domestico: compagnia, igiene personale, assistenza al pasto, pulizie, stiro e spesa.

Con questa soluzione la famiglia godrà di tutti i vantaggi del servizio, erogato da un collaboratore selezionato, con una prestazione continua e:

. senza più rischi d’interruzione del servizio per ferie/malattia;

. totalmente sgravata da vincoli di contratto rigidi

. nessun onere burocratico ed amministrativo

. nessun rischio di azioni legali.