La situazione del lavoro domestico in Italia è sempre stata caratterizzata da una forte incidenza del lavoro “in nero”.

Secondo i rapporti più recenti, si stima che sono circa sei su dieci i lavoratori irregolari tra le mura domestiche. Stiamo parlando di colf, badanti, baby sitter che, in accordo con la famiglia per cui lavorano, vengono pagati in nero, senza contributi né assicurazione sugli infortuni. Partendo dai numeri ufficiali, a fronte degli 864.526 lavoratori regolari nel settore domestico registrati dall’Inps nel 2017, gli occupati effettivi nelle case degli italiani si aggirano sui 2 milioni, di cui oltre 1,1 milioni irregolari.

Il tutto nasce dai possibili accordi tra la famiglia che dà lavoro in nero (la quale risparmia momentaneamente i contributi) e la badante che lo accetta (e così non versa le imposte): se poi l’INPS dovesse effettuare un controllo, la famiglia normalmente negherà che ci sia un rapporto di lavoro in corso. Probabilmente dichiarerà che la persona trovata in compagnia dell’anziano non è un lavoratore ma un amico o un vicino di casa.

Ma i rischi per le famiglie arriveranno quando il lavoratore dovesse decidere di denunciare il datore di lavoro. Se questo rischio si concretizza, allora la famiglia dovrà fronteggiare grosse spese in caso di contenzioso. La famiglia si esporrà all’eventualità di dover versare somme rilevanti, anche fino a 20-30mila euro, per contributi o parti di retribuzioni non versate. E’ bene che le famiglie ricordino che, in caso di giudizio avverso, possono vedere aggrediti direttamente i loro beni di famiglia.

Un’altra modalità erronea, ma diffusa, nel gestire il lavoro domestico è quella di dichiarare il rapporto di lavoro domestico (quindi senza tenere il lavoratore o la lavoratrice in nero) ma per un numero di ore inferiore a quelle effettivamente svolte. Da un lato la famiglia risparmia sui contributi da versare, mentre il lavoratore può risparmiare sulle tasse; ma in caso di controversia con la badante, però, scatterà sicuramente la richiesta di regolarizzazione e di versamento di tutti i contributi dovuti. E l’onere per la famiglia sarà pesante.

Per cui la soluzione migliore per gestire il rapporto di lavoro con una badante è quello di farlo in massima trasparenza e nel modo più corretto, magari affidando la gestione a cooperative e Centri che – con la loro esperienza – possono farlo in vece delle famiglie. Se poi la famiglia non vuole avere rapporti con la badante, ma ha la necessità di un servizio badante, allora la soluzione migliore è quella di rivolgersi ad una società di somministazione di lavoro domestico, che fornirà una propria operatrice e la famiglia si limiterà a pagare mensilmente la fattura per il servizio reso.